venerdì 8 giugno 2012

Iniziazioni

Nella vita c'è una moltitudine infinita di prime volte, per tutto ce n'è una:  la pipì finalmente nel water con grandissime esclamazioni di giubilo da parte di tutti i presenti in casa come se avessi vinto le Olimpiadi senza allenarti mai;  la prima volta  che esci il pomeriggio con gli amici, e tutti eccitati a guardare l'orologio per non tardare che "sennò chi la sente quella pazza di mia madre" e poi fare tardi lo stesso; la prima volta ad un concerto che l'emozione ti assale giorni e giorni prima e poi, quando è finito e sei a casa nel letto, nelle tue orecchie ancora non è finito; e via così...il primo bacio...ah, il primo bacio dato in piedi appiccicata contro il muro della parrocchia, presa alla sprovvista dal mio fidanzato dell'epoca, tale Giorgio Ruffini, occhi grigi da gatto sornione, un sorriso a 72 denti che mi procurava temporanee perdite di equilibrio, capelli a spazzola come si usava negli anni 80,  qualche cm più basso di me (ma questo era un dettaglio quasi inevitabile a 12 anni visto che ero sopra la media per la mia età e mi illudevo ancora che la mia vita sarebbe stata quella di una ragazza alta). Era il fighetto della classe e mi sentivo una superprivilegiata ad essere la prescelta, ma scoprii poi con alienante delusione che baciò per la prima volta anche la mia amichetta del cuore nonchè, con molta probabilità, tutta la fauna femminile della classe e, forse, dato il potenziale erotico emanato dal "Giorgetto",  non solo della classe.
Era carnevale ed io ero mascherata, va' a capire cosa mi diceva la testa, contro ogni tentazione (o forse no), da uomo, con tanto di coppola e baffi disegnati con la matita nera, un vero clichè intelletualerotico se si accosta alla divina Jeanne Moreau in Jules et Jim, un autentico esperimento di maldestro travestitismo se pensiamo a me in età preadolescenziale. Ma cosa c'è di più trasgressivo a 12 anni  scarsi che baciarsi sfrontatamente come fossimo 2 maschi davanti alla Parrocchia San Michele Arcangelo, rappresentazione allora ai miei occhi della Santa Romana Chiesa? Blasfemo quanto basta per incentrarci le fantasie sessuali di mezza classe fino alla fine dell'anno scolastico.
Ma non parliamo ora di quel goffo inaspettato ed indimenticabile momento.
L'iniziazione fondamentale della mia vita, che ha dato un input tragicamente pop alla mia anima, è stata senza dubbio quella del giradischi di Zio Corrado.
Alcuni fortunati avevano i genitori sessantottini e sono cresciuti a latte e Bob Dylan, altri più classici e convenzionali  davano da bere i Beatles ai figli, o , in caso di rockettari, i Led Zeppelin , i veri miracolati sapevano alle elementari chi fossero i Pink Floyd. 
Nella mia infanzia, se si esclude l'ascolto esclusivo di Lucio Battisti in tutte le sue declinazioni dovuto ad una madre maniacalmente ossessionata dal cantautore reatino, ciò che ha segnato la nascita del ritmo nelle mie orecchie è stato un giradischi e un disco, uno.
Correva l'anno 1983, location: casa di mia nonna a ColliAniene.
Nella stanza di mio zio (che ha 10 anni più di me), oltre alla collezione di squadre del Subbuteo, un accrocco radio che serviva per parlare (che non ho mai osato chiedergli con chi cavolo comunicasse e soprattutto perchè? preistoria delle chat tra sconosciuti...), alla  romantica foto in bianco e nero di lui con Sabrina, la fidanzatina del tempo (ora sua moglie e madre dei suoi figli), abbracciati in costume sulla spiaggia, c'erano dei dischi, non so quanti, molti o pochi non ricordo, l'importante è che io, rigorosamente dopo pranzo, mettevo sù sempre lo stesso in una specie di loop tantrico, come se fosse ciò per cui valeva la pena partecipare ai pranzi a casa di nonna e anche, perchè no, avere le orecchie. 
Quella musica incredibile, celestiale e demoniaca al tempo stesso, mi sembrava la crasi perfetta del mio mondo immaginario nel quale bastava chiudere gli occhi ed ero una regina delle serate in discoteca, alta e algida come una bianca, ma formosa e sensuale come una nera, indossavo quasi sempre dei fantastici pantaloni a zampa, zeppe fenomenali e una camicetta di seta viola con le maniche a sbuffo, lucidalabbra indelebile, ciglia lunghissime e i miei capelli, identici alla bruna delle Charlie's Angels, fluttuavano con grazia ad ogni mio movimento. Ballavo. Ballavo senza sosta tutta la notte e senza che fuoriuscisse dal mio corpo una sola goccia di sudore e tutti mi ammiravano molto.
Ecco, quella canzone associata all'ascolto casalingo del buon vecchio Lucio, ha segnato indelebilmente tutto quello che c'è stato dopo, perchè passare con disinvoltura dal rock al pop, dal blues alla dance non è roba per dilettanti, bisogna aver avuto quel tipo di illuminazione nella vita. 
Facile se ti hanno insegnato a sentire buona musica fin da piccolo e a riconoscerla, la vera gavetta, invece, quella che ti fai da solo a forza di innamorarti anno dopo anno di gruppi e generi diversi, per poi rinnegarli e provare pena per te e per loro, quella sì che è la dura scuola della vita. 
E se avessi avuto a disposizione questo video allora, con balletti, mossette e trucco, invece di dovermi accontentare della copertina del disco, ora sarei una persona migliore, più completa e integrata, questo è certo.

Sì, va bene, ok, ma che c'entra il bacio di Giorgio Ruffini con la febbre del sabato sera scusa?
Per ora non lo so e ho la sensazione che sia più cauto non indagare ulteriormente sui nessi logici di certe associazioni,  perchè la mente di una donna è ben più complessa e oscura di quel che si pensi. Quasi sempre.


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